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ANAGRAFE ASSISTITI, ATTO STRAGIUDIZIALE DI DIFFIDA

 

ATTO STRAGIUDIZIALE

DI

DIFFIDA

 

La FEDERAZIONE ITALIANA MEDICI DI MEDICINA GENERALE - F.I.M.M.G. – REGIONE CALABRIA, nella persona del Segretario Regionale Dott. Pasquale Gallucci, assistita dall’Avv. Salvatore Virgilio Conte del Foro di Catanzaro, con studio in Catanzaro Lido via Bausan n. 20,  al quale viene conferito ogni più ampia facoltà i legge ivi compresa quella di rappresentanza nonché notificare il seguente atto ai rappresentanti legali delle Aziende Sanitarie Calabresi, nonché all’Assessorato alla Sanità della Regione Calabria, in persona del suo Assessore,  ed al Dirigente Generale Dipartimento Tutela della Salute e Politiche Sanitarie dell’Assessorato alla Sanità della Regione Calabria, richiedendo per l’effetto la revoca e/o la disapplicazione della nota del 20.07.2007  prot. n° 18048 a firma del Dirigente Generale Dott.Domenico Crupi, con la quale venivano fornite indicazioni, alle diverse Aziende Sanitarie, circa le modalità di recupero delle somme indebitamente erogate ai medici, ad integrazione di quanto già disposto in una precedente circolare.

*********

La nota, comunque di contenuto meramente dispositivo, in relazione alla anagrafe degli assistiti,  esaminava  analiticamente le modalità di recupero delle quote specificatamente dei c.d.,  “irreperibili “ e  “sconosciuti”, nonché per i “deceduti” ed i “trasferiti, ponendo particolarmente in evidenza i limiti prescrizionali per tale procedura.

La stessa, richiamando la normativa civilistica in tema di indebito oggettivo, metteva in luce la possibilità, per i medici di medicina generale, di adire l’Autorità Giudiziaria al fine di  ottenere il risarcimento del danno per il caso di inerzia da parte dell’Azienda nel comunicare le variazioni intervenute nell’elenco degli assistiti.

Analizzava inoltre l’istituto della compensazione in presenza di quote attive, ritenuto preliminare prima di procedere al recupero, nonché i commi 13 e 14 dell’art. 42 dell’ ACN in ordine all’ammontare del recupero sugli emolumenti mensili.

La  prefata nota, infine, richiamava l’attenzione delle AASSLL ad un corretto inserimento dei movimenti di scelta e revoca, per un miglior funzionamento del sistema.

Ebbene la nota su richiamata si appalesa, per  alcuni aspetti pretestuosa,  illegittima e violativa delle norme contrattuali e, comunque,  censurabile per i motivi che qui di seguito verranno illustrati.

In primis si censurano le determinazioni assunte poiché adottate in palese violazione con i principi ispiratori dell’ACN, per come  sanciti nella premessa dell’Accordo, laddove vengono individuati i livelli di negoziazione nonché la comunanza -tra le Regioni e le Associazioni Sindacali- nel raggiungimento degli obiettivi individuati nello stesso accordo, ed comunque violative di quanto disposto dall’articolo 7 sul ruolo e la partecipazione dell’organizzazione sindacale.

È dunque  ictu oculi evidente, fin da una prima seppur superficiale analisi della censurata nota,   il comportamento anti sindacale messo in atto dal Dirigente Generale che rende la stessa  inficiata da illegittimità e tale da essere censurata dinanzi al Giudice preposto.  

Non  può, poi, sottacersi che la nota de quo disattende in modo marchiano le specifiche procedure previste dai commi 11 e 12 dell’art 42 del richiamato accordo, dimostrando per tale via scarsa attenzione  dell’Organo Dirigenziale alle precise prescrizioni normative sancite dalla L. 241/90 e succ. mod.

La nota così come adottata, dunque, si appalesa dotata da una valenza precettiva e con forza prescrittiva tale da sfociare in un “diktat” nei confronti delle stesse AA.SS.LL., delle rappresentanze sindacali, in particolare della Fimmg – Sindacato maggiormente rappresentativo a livello regionale - e  nei confronti dei medici di Medicina Generale.

Entrando poi nello specifico delle indicazioni e/o determinazioni adottate nella nota, non può negarsi l’allarme che suscita la  novella disciplina volta al recupero per le quote di assistiti definiti “ irreperibili e sconosciuti”.

Infatti, con tale manifestazione di volontà, la P.A, nel contempo denuncia la propria grave inadempienza circa l’organizzazione amministrativa nella tenuta dell’anagrafe degli assistiti, mettendo in evidenza l’incapacità e la assoluta mancanza di correttezza nell’agire oltre che l’inesistenza di qualsiasi tipo di controllo da parte e della stessa Azienda.

Sichè viene a configurarsi una ipotesi di responsabilità contrattuale per “culpa in vigilando”, con ogni consequenziale diritto al risarcimento del danno.

Al riguardo occorre chiarire che l’A.C.N., fonte normativa che disciplina i rapporti con i medici di Medicina Generale, nulla ha stabilito in ordine a tali figure anomale, sicchè, qualsiasi determinazione assunta dal Direttore Generale, si presenta arbitraria e, sotto alcuni profili, penalmente censurabile, poiché frutto di una interpretazione dotata di una componente di discrezionalità,tale da configurare l’esercizio di un potere che maschera la reale intenzione, e cioè  di voler introdurre  novelle clausole contrattuali con lo scopo di coprire inefficienze della P.A..

 Tale  violazione certa dei principi disposti dall’inquadramento generale della normativa contrattuale sfocia inesorabilmente in una lapalissiana responsabilità contrattuale.

Medesimi rilievi possono, poi, essere sollevati in ordine alla determinazione, di cui alla nota de quo, assunte nei confronti degli sconosciti – considerati tali coloro che non risultano né negli archivi anagrafici dei Comuni né nell’elenco degli assistiti dell’Azienda Sanitaria - con la quale si ritiene di procedere al recupero delle somme  in modo del tutto sommario e superficiale, tenendo conto solo ed esclusivamente di aspetti di natura prescrizionale.

Anche per dette quote, percepite dai medici sulla base del conclamato principio giurisprudenziale in piena buona fede ed destinate ad indifferibili esigenze di vita, non possono essere oggetto di alcuna valutazione da parte del Dirigente Generale poiché difetta il presupposto fondamentale della regolamentazione contrattuale che disciplina i rapporti sinallagmatici.

Tali valutazioni, oltre ad introdurre un ulteriore elemento di incertezza sulla legittimità in sede di applicazione delle norme contrattuali, rappresentano indubbiamente il tentativo, peraltro mal riuscito,  di celare una vistosa inerzia della P.A. in ordine ad una corretta e puntuale tenuta degli elenchi degli assistiti, inerzia da addebitare esclusivamente alla responsabilità degli Organi preposti.

È infatti pacifico l’obbligo, per la P.A.,  non solo alla tenuta dell’anagrafe degli assistiti ma, altresì,ad un controllo ed aggiornamento continuo e costante, con l’ovvia conseguenza che, oltre ad una  responsabilità della stessa P.A., si configura la irripetibilità delle somme per le quote erroneamente corrisposte al singolo medico di medicina generale.

A tal uopo si osserva che non è dato intendere quale sotteso motivo abbia indotto il Direttore Generale ad introdurre   una previsione normativa di contenuto contrattuale, non essendo, come già detto, la fattispecie in esame disciplinata da alcuna fonte normativa.

Lo scopo è ben chiaro: legittimare le AA.SS.LL. a procedere al recupero delle somme a suo tempo corrisposte ai medici di Medicina Generale.

Anche per tale ipotesi, si ribadisce che, qualsiasi determinazione assunta in ordine alla problematica in esame, andava risolta tramite la concertazione con le Associazioni Sindacali, trattandosi di interpretazioni sulla normativa che regola i rapporti con i  Medici di Medicina Generale.

Tale aspetto introduce un ulteriore elemento di illegittimità nella nota qui censurata e rappresenta, indubbiamente, una palesa violazione delle determinazioni convenzionali , assunte in sede contrattuale.

Peraltro, la nota, nella specificità della fattispecie in esame, sotto altro profilo, si appalesa inficiata da eccesso di potere e di assoluta incompetenza poiché adattata in palese violazione di quanto disposto dall’art 7 della L. 526/82 laddove viene conferita alle Regioni la potestà di adottare norme che regolamentino le modalità di recupero per somme indebitamente erogate ai Medici di Medicina Generale.

E’ opportuno precisare, all’uopo, che l’attuale contesto normativo regionale non assicura alcuna disciplina in ordine alla problematica qui esaminata, tale da poter supportare il provvedimento adottato dal Dirigente dell’Ass.to alla Sanità.

Questo ulteriore aspetto mette in luce un evidente comportamento lesivo dei diritti ed interessi della categoria dei medici di Medicina Generale, e sfocia inesorabilmente in un atto viziato di nullità assoluta. 

La nota, poi, esamina frettolosamente la posizione delle quote indebitamente corrisposte per i pazienti ”morti e/o trasferiti”.

In effetti, nel richiamare le modalità procedurali di cui all’art. 42 dell’ A.C.N., il medesimo Dirigente è incorso in vistose lacune che, per mero scrupolo  tuzioristico, occorre mettere in evidenza ed, nella specie, il richiamo va al comma 11 e 12 del medesimo articolo.

E’ opportuno precisare l’indubbia illegittimità della pretesa di recupero, per come prospettata, in presenza di una macroscopica violazione dei principi sottesi in numerose recenti pronunce giurisprudenziale ed in particolare a quanto ritenuto dalla Suprema Corte secondo la quale  “A norma dell’art. 7 della legge 526 del 1982, sono ripetibili le somme indebitamente erogate a medici convenzionati indebitamente percepite. Ai fini della determinazione degli indebiti, deve farsi riferimento all’art. 18 del D.P.R. 13 agosto 1981 che ha reso esecutivo l’Accordo collettivo nazionale per la regolamentazione del rapporti con i medici di medicina generale, secondo cui la revoca della scelta da operarsi d’ufficio per morte o trasferimento dell’assistibile ha effetto dal giorno del verificarsi dell’evento che determina la revoca. Nel caso che l’ASL non provveda entro dodici mesi dalla morte o dal trasferimento a darne notizia al medico interessato, la revoca viene operata con effetto retroattivo di dodici mesi prima della comunicazione. Mentre le cancellazioni per doppia iscrizione decorrono dalla data delle seconda attribuzione nel caso di scelta posta due volte in carico dello stesso medico. Se trattasi di medici diversi la cancellazione decorre dalla data della comunicazione al medico interessato” (Per tutte, Cass. 6538/99).

Ebbene, il principio da adottare per il recupero delle somme ascrivibili a revoche d’ufficio, deve essere individuato in un massimo di mesi 12 per i deceduti e mesi 3 per i trasferiti ed altri eventi, in conformità non solo a quanto previsto dalla normativa degli accordi nazionali di categoria ma  anche in ragione del conclamato principio di irreperibilità “delle somme percepite in buona fede ed utilizzate per indifferibili esigenze di vita, come nel caso de quo, riconosciuto anche al sanitario convenzionato dalla decisione resa dalla Suprema Corte il 17.03.1992 n° 3246 così come in Cass. Civ. sent. n° 11057 del 10.10.1992; Cass. Civ. sent. n° 4662 del 13.05.1994 ed infine Consiglio di Stato n° 319 del 26.04.1996”.

Comunque, pur volendo disapplicare tale assunto, è opportuno richiamare le disposizioni contenute negli artt. 40 e 41, nonché le procedure dinanzi citate e disciplinate dall’art. 42 A.C.N. e legate agli artt. 7, 8 e 25 della L. 241/90 e succ. mod.

Il richiamo è fondamentale poiché, essendo l’esercizio dell’attività dei Medici di Medicina Generale,  sottoposto a regime convenzionale con il S.S.N., ne derivano vincoli, oneri e obblighi che ricadono sulle AA.SS.LL..

Ciò sul presupposto che, basandosi il rapporto tra medici e ASL su norma convenzionata, di natura giuridica prettamente regolamentare o, comunque, atti di normazione secondaria, la mancata osservanza delle disposizioni ivi contenute, sono fonte, in casi di violazione, di responsabilità con conseguente diritto al risarcimento del danno, secondo i dettami dell’art. 2043 c.c.( Sent. G.L. Trib. Cz. n. 688/07).

Il richiamo è, comunque, necessario atteso che la nota qui censurata non fornisce alcun cenno delle precise procedure da adottare nell’ipotesi di recupero di quote indebitamente percepite.

Nell’ipotesi, poi, di una eventuale legittimità delle ragioni a cui far risalire l’eventuale dovutezza delle somme ex art. 2033 c.c., è opportuno mettere in rilievo la  obbligatorietà di attestazioni circa la comprovazione delle circostanze di revoca rilevate, il tenore, il computo esplicativo e le pretese con concordanze contabili, a fondamento degli allegati contabili di corredo alla richiesta, quantificata nel suo ammontare, tali da rendere certo il credito vantato, siccome richiesto dall’art. 2697 c.c. in combinato esposto con l’art. 2033 c.c..

Tali principi, qualificati di diritto, fanno discendere precisi obblighi probatori in carico del presunto creditore e specifiche tutele per il soggetto raggiunto dalla pretesa restitutoria, cui viene concesso e garantito, antecedentemente ad ogni intimazione e successiva azione forzosa di pagamento, un agevole e simultaneo confronto sui dati e sugli elementi, attraverso cui è stata raggiunta la somma pretesa in restituzione, nonché sulla loro attendibilità.

Peraltro, recentemente la giurisprudenza ritiene la necessità che la documentazione prodotta in ordine all’esistenza e all’ammontare del credito sia completa per come sopra indicato, e che sono da disattendere le richieste di pagamento qualora non siano conformi alle prescrizioni dell’art. 42 A.C.N..

Non essendo sufficiente, infatti,  l’emissione del solo tabulato,privo di ogni elemento di riscontro quale la data di ricorrenza della revoca e i relativi atti di revoca emessi dall’Azienda, tanto per rispondere all’obbligo dell’onere probatorio in capo all’ASL in ordine all’esistenza e all’ammontare del credito azionato nei confronti di ciascun sanitario.

Sicché, la mancanza di detti aspetti nella richiesta di pagamento dell’indebito, inficia la stessa  di assoluta nullità, essendo atto meramente unilaterale privo di qualsiasi riscontro obiettivo, poiché se è vero che  il “pagamento dell’indebito è fonte di obbligazione a carico di colui che riceve la prestazione………” è altresì vero che il  creditore “è tenuto di dare prova degli atti costitutivi del diritto vantato - fatti costitutivi che consistono essenzialmente nella mancanza di titolo a ricevere ciò che è stato pagato in capo all’eccepienza”. secondo il principio dell’onere della prova in base all’art. 2697 c.c.

Ma vi è di più.

Il requisito del rispetto degli obblighi procedurali nei rapporti con i medici di Medicina Generale, viene ulteriormente ribadito con la decisione emessa dal Trib. Di Chieti n. 35/04 del seguente tenore “come da giurisprudenza consolidata è noto che gli art. 2 e 8 L. n° 241/90 prevedono una tutela preventiva delle ragioni dell’interessato; ciò per dare voce all’interessato stesso prima che l’amministrazione emani un provvedimento  lesivo delle sue ragioni……”

A confortare quanto espresso dalla giurisprudenza di merito interviene, relativamente all’obbligo di comprovazione in ordine alla sussistenza e all’ammontare del credito vantato dall’Azienda, la Suprema Corte la quale è concorde nel reputare che “nascono le obbligazioni di restituzione di ciò che è stato indebitamente pagato sempre che detta obbligazione non dia luogo ad alcuna contestazione in  ordine al rapporto cui risulta collegata rientrando tra i crediti certi, liquidi ed esigibili, determinabili in base ad elementi certi e prestabiliti risultanti da titolo convenzionabile o giudiziale” ( Cass. Civ. sent. n° 28227 del 20.10.2005 e Cass. Civ. sent. n° 15849 del 15.12.2000).

Peraltro, anche il Consiglio di Stato con la sent. n° 4983 del 22.09.2005 così recita “ davanti ad un provvedimento della P.A. relativo ad una ripetizione d’indebito rimane fermo il dovere dell’Amm.ne di fornire un’adeguata e congrua motivazione in ordine alle ragioni in base alle quali il dipendente non ha diritto alle somme in precedenza corrisposte”.

Alla luce di quanto testè richiamato e rilevato, non vi è alcun dubbio che la nota del Direttore Generale, priva dei presupposti essenziali e degli obblighi che regolamentano il rapporto sinallagamatico, è censurabile sotto altri e più pregnanti profili.

In effetti, in palese violazioni delle norme contrattuali ed in assenza di indicazioni procedurali, nell’ipotesi di quote passive da recuperare,  è opportuno, ancora una volta, precisare gli obblighi a cui si devono attenere le AA.SS.LL. interessate e i criteri di elaborazione contabile di quote passive imputate al sanitario.

Ebbene, ai fini di una reale consistenza contabile delle quote passive, occorre che l’A.S.L. osservi scrupolosamente le norme procedurali contrattuali e le prescrizioni normative contenute nella L. 142/90 al fine di consentire al medico di poter fornire le opportune osservazioni e controdeduzioni.

La comunicazione all’interessato deve, in ogni caso, contenere:

a)     la indicazione di ogni singola quota passiva e la data di decorrenza;

b)     computo della quota nel rispetto delle previsioni economiche delle Convenzioni avvicendatesi nel tempo;

c)      decurtazione delle quote delle somme già versate agli organi previdenziali e fiscali.

Una volta esperito l’iter procedurale, s’impone l’obbligo per l’A.S.L. di convocare il medico interessato al fine di stabilire, concordemente, modalità e tempo di recupero.

Solo per mero scrupolo difensivo, preme mettere in rilievo che la violazione dell’iter procedurale qui specificato, conforme peraltro alla previsione della A.C.N., “costituisce un proprio obbligo per la stessa Azienda, e non una mera facoltà, la cui inerzia determina, non solo un inadempimento contrattuale che sfocia nella responsabilità sanzionata dal 2043 c.c., ma anche un impedimento ad ogni pretesa di restituzione” (Consiglio di Stato n° 854 del 15.06.1998; Consiglio di Stato n° 14 del 15.09.1999; Consiglio di Stato n° 606 del 05.06.1997).

Non può sottacersi, infine, una ulteriore considerazione circa lo sforzo profuso dal Direttore Generale nel ribadire i termini prescrizionali nel recupero delle quote passive che certamente sarà oggetto di ulteriore valutazione in sede giudiziale qualora dovesse essere messa in esecuzione la nota qui censurata.

In ogni caso l’assunto acquista scarso rilievo , qualora venga affermato e recepito il dettato giurisprudenziale sancito dalla Corte di Cassazione sopra richiamato, dove è previsto il recupero di quote passive non più ampie di 12 mesi per gli assistiti deceduti e di 3 mesi per i trasferiti, correndo l’obbligo per l’Azienda Sanitaria competente di effettuare le dovute comunicazioni tempestivamente e non oltre un anno dall’evento per i primi e 3 mesi per gli altri .

E’ inutile ripetere che, nel caso in cui il principio contenuto nella massima giurisprudenziale richiamata non trovasse  riscontro favorevole da parte della P.A., il comportamento dell’Azienda in ordine al procedimento di recupero, deve  essere conforme ai  dettati normativi e contrattuali, diversamente, ogni violazione determinerà una responsabilità contrattuale tale da sfociare nell’azione risarcitoria di cui all’art. 2043 c.c..

In tale ultima ipotesi, in presenza di un vistoso inadempimento delle Aziende, non vi è dubbio che l’azione risarcitoria, che sarà, indubbiamente, avviata su scala regionale, non solo vanificherà  ogni tentativo di recuperare le somme passive, ma sottoporrà  la P.A. ad ulteriori e notevoli aggravi vanificando di fatto la effettiva consistenza del recupero per le medesime quote.

Peraltro si evidenzia un  elemento di primaria importanza  correlato al diritto per i Medici di Medicina Generale di percepire le c.d. quote attive. legate ai pazienti assistiti ma  non conteggiati che, secondo i  dati in possesso dal Sindacato, risultano essere ben più consistenti rispetto alle quote passive indebitamente riscosse.

Sul punti infatti, pur riconoscendo la correttezza con cui il Direttore Generale ha affrontato la problematica al n. 4 della nota, preme richiamare l’attenzione delle AASSLL al fine di una esatta quantificazione di tali quote attive.

Quantificazione che deve operarsi tenendo conto delle previsioni economiche sancite nei vari contratti succedutesi nel tempo e di tutte le voci che costituiscono la quota, compresa quella dell’anzianità di laurea.

Tanto al fine di evitare ulteriori contenziosi giudiziali per l’accertamento e l’esatta determinazione di dette quote, con conseguente aggravio di interessi a carico dell’Azienda.

In ragione di tale argomentazioni e contestazioni, la F.I.M.M.G., ut sopra  rappresentata e difesa,

DIFFIDA

il Dott. Domenico Crupi, Dirigente Generale Dipartimento Tutela della Salute Politiche Sanitarie dell’Ass.to della Sanità della Regione Calabria,

a voler disporre la revoca e/o l’annullamento della nota  n. 18048 del 10.07.2007 per le motivazioni esposte in narrativa;

DIFFIDA

l’Assessore alla Sanità della Regione Calabria ad emettere ogni atto opportuno diretto alla sospensione immediata della predetta nota, e con espresso Invito a promuovere un incontro urgente con le categorie sindacali maggiormente rappresentative;

DIFFIDA

 Altresì le AA.SS.LL. della Regione Calabria a disapplicare la prefata nota a firma del  Dirigente Generale, siccome illegittima, per le motivazioni sopra esposte, e ad astenersi dall’avviare  eventuali operazioni di recupero in violazione delle procedure previste dalla normativa contrattuale e dalla L. 241/90 e succ. mod.;

INVITA

Le AA.SS.LL. della Regione Calabria a comunicare, ai sensi di legge, all’esponente Sindacato Regionale F.I.M.M.G., con sede in Catanzaro via Settembrini,  l’indicazione dei RESPONSABILI DEL PROCEDIMENTO relativi alle operazioni di scelta e revoca degli assistiti e, quindi, preposti all’eventuale recupero delle quote indebite.

Con espresso avvertimento

che la inosservanza dei rilievi e delle argomentazioni esposti in narrativa, comporterà il ricorso alle Autorità Giudiziarie competenti per la tutela degli interessi e diritti della categoria medica, nonché  il ricorso alla Procura Regionale della Corte dei Conti per gli accertamenti alle eventuali responsabilità per le violazioni contrattuali qui censurati.

Catanzaro, 30.07.2007

Avv. Salvatore Virgilio Conte

 

DELEGA

Nella mia qualità di Segretario Regionale F.I.M.M.G., delego l’Avv. Salvatore Virgilio Conte a rappresentare e difendere il Sindacato da me rappresentato, conferendo al medesimo ogni facoltà di legge, ed eleggendo domicilio nel suo studio in Catanzaro Lido via Bausan n. 20

Segretario Regionale

Dott. Pasquale Gallucci

 

Per Autentica

Avv. Salvatore Virgilio Conte

 

RELATA DI NOTIFICA

Istante l’Avv. Salvatore Virgilio Conte io sottoscritto Ufficiale Giudiziario addetto all’Ufficio Unico Notifiche della Corte d’Appello di Catanzaro ho notificato copia dell’atto stragiudiziale di diffida a:

1. Dott. Domenico Crupi, quale Dirigente Generale Dipartimento Tutela della Salute Politiche Sanitarie dell’Ass.to della Sanità della Regione Calabria, con sede in Catanzaro via Iannelli, ivi portandomi e facendone consegna a mani di

2. Assessorato alla Sanità della Regione Calabria, in persona dell’Assessore p.t., con sede in Catanzaro via Iannelli, ivi portandomi e facendone consegna a mani di

3. Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, in persona del Direttore Generale l.r.p.t., con sede in Catanzaro alla via Vinicio Cortese n. 25, ivi portandomi e facendone consegna a mani di

4. Azienda Sanitaria Locale n. 5 di Crotone, in persona del Direttore Generale l.r.p.t., con sede in Crotone alla Piazza Umberto n. 47, tramite Racc. A/R

5. Azienda Sanitaria Locale n. 8 di Vibo Valentia, in persona del Direttore Generale l.r.p.t., con sede in Vibo Valentia alla via Dante Alighieri n. 67, tramite Racc. A/R

6. Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, in persona del suo Dirigente Generale l.r.p.t., con sede in Cosenza al Viale degli Alimena n. 8, tramite racc. A/R

7. Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, in persona del suo Dirigente Generale l.r.p.t, con sede in Reggio Calabria ,

tramite racc. A/R

 

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