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Festa (Commissione Fisco Fimmg): l'associazione professionale fra mmg non è sempre "indice" di autonoma organizzazione ai fini Irap |
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lunedì 16 febbraio 2015 14.37 - Notizie
Con la Sentenza 28 gennaio 2015, n. 1662, la Suprema Corte di
Cassazione spezza una nuova lancia in favore dei medici di
medicina generale esentandoli dall’imposta sulle attività
produttive – IRAP – anche nelle ipotesi di esercizio
dell’attività in forma associata.
L’arresto giurisprudenziale merita la giusta rilevanza in quanto
è da considerarsi, per così dire, controcorrente rispetto ai
precedenti orientamenti per i quali l’attività svolta in forma
associata era considerata “in ogni caso” riconducibile in ambito
Irap.
Così, ad esempio, nella Circolare n. 47/E del 2008,
l’Agenzia delle Entrate, richiamando la Sentenza della Corte di
Cassazione 11 giugno 2007, n. 13570, ebbe modo di precisare che
“… lo scopo della pattuizione dell’esercizio associato di una
professione intellettuale sia anche quello di avvalersi della
reciproca collaborazione e competenza, ovvero anche della
sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze (Cass.
6636/1987), … idonea a far presumere che il reddito prodotto non
sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun
componente dello studio, bensì di detta organizzazione
associativa, costituita per potenziare la produzione di
ricchezza a vantaggio degli associati, presupposto dell’IRAP”.
Per potersi distaccare dal precedente orientamento, però,
la Suprema Corte, nella Sentenza n. 1662/15 in esame, ha dovuto
operare un distinguo riguardo le effettive modalità di
svolgimento della professione, sancendone l’esenzione dall’IRAP
unicamente nei casi in cui “… l’associazione alla quale il
contribuente aderisce non prevede sostituzione fra gli associati
nell’assistenza alla rispettiva clientela e risulta finalizzata
esclusivamente all’utilizzo comune di sedi, attrezzature mediche
e personale amministrativo”.
Al verificarsi delle condizioni sopra richiamate, dunque, per la
Suprema Corte non è configurabile l’esercizio in forma associata
di un’arte o di una professione ma, piuttosto, una struttura
basata sulla mera condivisione di servizi (e delle relative
spese) tra soggetti, ognuno dei quali svolge autonomamente la
propria attività, senza alcuna partecipazione al reddito
professionale conseguito dagli altri.
Il principio sancito dalla Suprema Corte ha, dunque, una
portata eccezionale se appena si consideri che, da ora in
avanti, l’appartenenza ad una associazione professionale non è
più, sic et
simpliciter, indice di autonoma organizzazione dovendosi
procedere ad una attenta valutazione delle effettive modalità di
svolgimento dell’attività professionale.
Conseguentemente, se dall’accertamento sulle modalità di
esercizio dell’attività dovesse risultare che l’associazione
alla quale il contribuente aderisce risulti finalizzata
esclusivamente all’utilizzo comune di sedi, attrezzature mediche
e personale amministrativo, non sarà configurabile l’esercizio
in forma associata di un’arte o di una professione, secondo il
disposto recato dall’art. 2 del d. Lgs. n. 446 del 1997, ma una
forma di mera condivisione di servizi tra soggetti ognuno dei
quali svolge autonomamente la propria attività, trattenendo
interamente il relativo reddito.
In tale ipotesi, quindi, la riconducibilità dei compensi
riscossi dal medico di medicina generale nell’ambito applicativo
IRAP resterà subordinata unicamente ai casi in cui,
nell’esercizio dell’attività professionale, si dovesse eccedere,
secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo
indispensabile in termini di risorse materiali (beni
strumentali) ed umane (personale dipendente).
La Sentenza n. 1662 del 2015 registra, dunque, un
ulteriore passo verso il definitivo “sdoganamento” della
professione del medico di medicina generale dall’ambito
applicativo dell’IRAP, che va ad aggiungersi a quello sancito
con la Sentenza n. 22020 del 2013, secondo cui anche l’utilizzo
di personale dipendente da parte del MMG non rappresenta un
“sicuro indice” di organizzazione autonoma, in quanto non sono
rare le ipotesi in cui “… la disponibilità di un dipendente
(magari part time o con funzioni meramente esecutive) non
accresce la capacità produttiva del professionista, non
costituisce un fattore impersonale ed aggiuntivo alla
produttività del contribuente, ma costituisce semplicemente una
comodità per lui (e per i suoi clienti)”.
Nonostante i buoni propositi della Corte di Cassazione, però,
sembra che la strada per la definitiva esclusione del MMG
dall’ambito applicativo IRAP sia ancora lunga e carica di
insidie.
Basti pensare che l’Agenzia delle Entrate, dopo la Circolare n.
28/E del 28 maggio 2010, non sembra aver mostrato più interesse
a riesaminare la questione lasciando, da un lato, i MMG nella
più totale incertezza se corrispondere, o meno, l’IRAP e,
dall’altro, i giudici tributari, sia di merito che di
legittimità, a dirimere le innumerevoli controversie sottoposte
al loro vaglio.
La cosa, però, che desta maggiore imbarazzo, e preoccupazione, è
che a circa 18 anni dalla istituzione di questa, senza dubbio,
vituperata imposta – D. Lgs, 15 dicembre 1997, n. 446 - il suo
ambito applicativo è ancora tutt’altro che definito, con buona
pace della certezza del diritto.
Appare, quindi, doveroso richiamare un intervento
dell’On.le Giulio Andreotti che durante gli anni del suo
processo ebbe modo di confidare ad un amico “… l’Italia è
chiamata la culla del diritto. Il diritto deve essere rimasto
nella culla”.
Dario Festa - consulente tecnico della Commissione Nazionale Fisco della FIMMG |