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Inserito il 06 luglio 2009 da
Il deposito delle ricette mediche in sala
d’attesa
E' corretto l' uso di lasciare le ricette mediche
incustodite in sala d' aspetto per facilitarne il
ritiro da parte dei pazienti?
E' indispensabile lasciarle in busta chiusa, ma
anche tale avvertenza puo' non essere sufficiente in
caso di "incidenti" come un ritiro erroneo o
volontario da parte di estranei. In questo caso
possono esserci conseguenze per il medico.
Abbiamo chiesto in merito il parere dello Studio
Legale Cermignani, di Roma.
" Oramai costituisce prassi diffusa il deposito
delle ricette mediche, nella sala d’attesa degli
studi, onde evitare inutili attese ai pazienti che
richiedano la sola prescrizione di farmaci.
Si chiede di conoscere la compatibilità di tale
procedura con le disposizioni della legge n.
196/2003 (cd. “Codice della privacy”), in relazione
a due diversi profili: a) la possibile lesione del
diritto alla riservatezza del paziente; b) la
possibile mancanza di idonee misure di sicurezza ed
organizzative.
a) La tutela della “riservatezza del paziente” non
appare ostativa alla prassi in oggetto, essendo
sufficiente la predisposizione di alcuni
accorgimenti organizzativi: l'insermento della
ricetta medica in una busta chiusa (condotta che
rende conseguentemente “lecita” l’indicazione del
nome del paziente sulla busta); la predisposizione
di un solo comune schedario, ordinato per nome, o
anche più schedari, purchè ordinati con criteri
“neutrali” (come, ad es., la data della richiesta) e
non “discriminatori” (come, ad es., la tipologia di
farmaco prescritto).
Va infine evidenziato che la ricetta medica è
documento redatto su “supporto cartaceo” dal
professionista, a “richiesta e nell'interesse” del
paziente: pertanto, non si pone alcun problema di
trattamento di dati sensibili, ma soltanto la
fondamentale questione della “temporanea custodia”
della ricetta medica compilata.
b) Peraltro va evidenziato, quali che siano le
caratteristiche dello studio medico e le misure di
sicurezza concretamente predisposte dal
professionista, che non si può comunque prescindere
dalla presenza di una persona fisica preposta,
comunque, allo schedario contenente le ricette
mediche già compilate.
E' evidente che uno studio medico dotato di
reception, o di altri mezzi di accesso controllato,
comporta minori rischi di sottrazione volontaria di
ricette mediche, rispetto ad uno spazio accessibile
da chiunque (come, ad es., alcuni studi medici siti
al piano terra ... ); anche la predisposizione di
una telecamera nella sala d’attesa, seppur serio
disincentivo alla sottrazione volontaria, certamente
non elimina il rischio di sottrazioni colpose.
Va ancora sottolineato che, secondo l’ordinamento
giuridico, nel caso in cui un soggetto ritiri,
erroneamente, una ricetta medica non propria:
- tale condotta non può considerarsi illecita ed è
comunque scusabile;
- al contrario, il professionista è soggetto a
sanzione, a meno che non dimostri di aver
predisposto ogni misura idonea ad evitare
“incidenti”di sorta.
Pertanto, in considerazione di quanto disposto dal
Codice della privacy e dai disciplinari tecnici in
materia, onde evitare rigorosamente che un soggetto
(anche un non-paziente) entri in possesso
(scientemente o per errore) di una altrui ricetta
medica (accedendo così ai dati sensibili ed ai
farmaci prescritti), appare indispensabile
organizzare una “consegna” delle ricette mediche, e
non già il semplice “ritiro” delle stesse.
Avv. Carlo Cermignani - Roma
avvcarlocermignani@virgilio.it "
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