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Lettera aperta al Governo ed ai Parlamentari italiani |
Giacomo Milillo |
Roma, 03 Febbraio 2012 Lettera aperta al Governo ed ai Parlamentari italiani 9-10-11-12 Febbraio 2012 sciopero dei Medici di Medicina Generale Un disagio largamente evitabile. La Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG), il sindacato di gran lunga più rappresentativo dei medici convenzionati col SSN operanti nel territorio, ha da sempre contribuito alla difesa ed all’evoluzione della sanità pubblica nel nostro Paese. Consapevole della responsabilità derivantegli dall’essere la più numerosa organizzazione sindacale medica si è sempre rapportata con le Istituzioni con spirito costruttivo e propositivo, spesso contribuendo, con la propria specifica competenza, a migliorare la fruibilità e la fattibilità delle scelte di politica e di programmazione sanitaria, a tutto vantaggio dell’assistenza erogata ai cittadini. Negli oltre sessanta anni della sua storia le direttrici di questo modo di relazionarsi sono state l’ideazione, la logica, l’impegno assistenziale, la capacità di analisi di problemi complessi e la proposizione di soluzioni praticabili, raramente il ricorso all’azione sindacale e ancora più raramente allo sciopero, sempre vissuto come un venir meno alla propria scelta di privilegiare il confronto. La FIMMG, però, il 9-10-11-12 febbraio chiama tutti i Medici di medicina generale allo sciopero e inizia così una stagione di duro confronto sindacale che è destinato a protrarsi, inasprendosi, se il Governo e il Parlamento continueranno a rifiutare qualsiasi confronto risolutivo su disposizioni legislative (L. 22/12/2011 n°214, art 24 commi 2 e 24.), che sovvertono il diritto della categoria a costruirsi un futuro previdenziale, in maniera autonoma, unicamente con i propri contributi, senza per nulla incidere sul bilancio dello stato in quanto mai su esso ha gravato. In particolare l’ente di previdenza dei medici, ENPAM, ente privatizzato, viene messo nell’impossibilità di affrontare quella evenienza demografica, consistente nell’elevato aumento del numero di soggetti che per ragioni anagrafiche andranno in pensione, ampiamente attesa tra il 2015 e 2025 e per la quale l’Ente si è da tempo preparato, accantonando un solido patrimonio e predisponendo una modifica dei regolamenti, che era stata definita a livello tecnico con i Ministeri competenti, attraverso la quale, al prezzo di ulteriori sacrifici unicamente a carico dei contribuenti medici, si sarebbero create le condizioni, con la sola forza dei risparmi e accantonamenti indotti, per garantire a tutte le generazioni di professionisti una serenità pensionistica. Un percorso virtuoso che ci saremmo aspettati fosse rispettato, in quanto anticipatore della linea di dichiarato rigore indicata al sistema-paese; invece il divieto al ricorso, anche non strutturale, ma saltuario, del patrimonio, costituito con i risparmi della categoria, per garantire l’equilibrio dei bilanci tecnici, passato da trenta a cinquant’anni, e la previsione di sanzioni, non si sa come applicabili, di fatto apre scenari oscuri, che si spingono fino alla necessità di dover ridefinire gli impegni previdenziali assunti con i medici, con un danno pensionistico per i singoli quantizzabile fino ad una riduzione del 30% delle pensioni. I medici chiedono solo di poter contare, per garantire i bilanci tecnici Enpam, sui risparmi che hanno accumulato in tanti anni e sui quali hanno costruito la sicurezza del loro futuro pensionistico, il tutto sotto la tutela dei Ministeri vigilanti e per un periodo limitato (parte della gobba demografica ampiamente nota), dopo di che i calcoli attuariali dimostrano che il patrimonio dell’Enpam continuerà a crescere e i sacrifici richiesti alle generazioni via via subentranti saranno in linea con quella equa solidarietà intergenerazionale che caratterizza la nostra previdenza. Non c’è alcun vantaggio erariale nel negare ai Medici di medicina generale il diritto, attraverso il loro Ente privato, di utilizzare per fini istituzionali il proprio danaro, né nel chiedere loro di privarsene per legge e sempre per legge obbligarli a sacrifici insopportabili in una stagione di blocco dei contratti e di aumento sproporzionato dei costi di esercizio professionale, ai quali continuano a far fronte per offrire una assistenza pubblica con pari caratteristiche di accoglienza nei riguardi dei cittadini. E’ proprio necessario costringere una intera categoria a scioperare per vedersi riconoscere un elementare diritto di cittadinanza? E’ proprio necessario e giustificabile affrontare una dura stagione di iniziative sindacali, con l’inevitabile conseguente disagio assistenziale e sociale, per non aver consentito a dei privati cittadini, che non richiedono previdenze o integrazioni erariali, di gestirsi e garantirsi autonomamente, con i propri soldi, le pensioni? Ci rivolgiamo alla sensibilità dei destinatari di questa lettera, perché evitino un’incomprensibile e immeritata scelta punitiva nei riguardi di professionisti che raccolgono il massimo gradimento da parte della popolazione in campo sanitario. Cordiali saluti. Giacomo Milillo |