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L'irresistibile leggerezza del certificato telematico |
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Sentenza della V sezione
penale della Cassazione (sentenza n. 18.867/2012) I medici di famiglia non possono prorogare per telefono i certificati di malattia neppure se hanno visitato il paziente pochi giorni prima, ma devono verificare di persona la persistenza dello stato di malattia. Lo afferma la V sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 18.867/2012, che ha confermato la condanna di un generalista di Milano per aver compilato un falso certificato con cui prorogava la prognosi di decorso della malattia di una paziente. La colpa del medico, secondo la Corte d'appello di Milano che si era espressa sulla vicenda il 14 febbraio 2011 ribaltando il verdetto di primo grado, è stata proprio quella di non aver visitato la donna limitandosi a certificare la persistenza della patologia sulla sola base dei sintomi che la paziente gli aveva riferito al telefono. Invano il camice bianco si è difeso in Cassazione sostenendo che aveva visitato la paziente solo quattro giorni prima e che dunque gli era sembrato credibile il protrarsi del malessere. Secondo i giudici: «Non è consentito al sanitario effettuare valutazioni o prescrizioni semplicemente sulla base di dichiarazioni effettuate per telefono dai suoi assistiti». Sono quindi «irrilevanti le considerazioni sulla effettiva sussistenza della malattia o sulla induzione in errore da parte della paziente». L’assistita è stata condannata insieme al suo medico per aver utilizzato la falsa certificazione per giustificare la sua assenza dal lavoro. L'entita' delle condanne non e' riportata dalla sentenza 18.687 che conferma il verdetto emesso dalla Corte d'Appello di Milano il 14 febbraio 2011. In primo grado i due imputati erano stati, invece, assolti. Pagina WEB: www.legalmedica.net |