Carissimi,
la firma del
preaccordo ha ormai
compiuto il mese di
vita, un risultato
importante raggiunto
dopo una trattativa
dura ed estenuante
che però non ha
ancora avuto pieno
riconoscimento
istituzionale,
poiché siamo in
attesa che il
Governo approvi
l’atto di indirizzo
del Comitato di
Settore, passaggio
obbligato per
partire con la fase
attuativa di quanto
concordato.
I Ministeri
interessati intanto
hanno già dato luce
verde, l’atto
formale ci auguriamo
arrivi entro qualche
giorno.
È questa la ragione
del nostro silenzio
delle ultime
settimane, che ci
hanno visti
impegnati anche su
altri fronti.
Come ormai
tradizione nella
nostra storia
sindacale ha preso
corpo e sta montando
nel nostro mondo il
coro dei critici, a
volte costruttivi, a
volte irriducibili:
"Muore il medico
di famiglia, la
sacralità del
rapporto fiduciario
è irrimediabilmente
compromessa, al
nastro di partenza i
grupponi che
segneranno la fine
della medicina
generale, aumenta la
burocrazia a scapito
della clinica! di
soldi non ce n’è, i
compiti sono
terribilmente
aumentati".
Niente di nuovo
sotto il sole, sono
affermazioni già
sentite negli ultimi
anni, che, se
meritano la nostra
attenzione quando a
sostenerle sono
colleghi in
periferia ai quali
occorre dare
maggiori
informazioni, un
qualche fastidio ce
lo danno quando a
sostenerle sono
compagni di strada,
a volte dirigenti di
quegli stessi
sindacati medici che
hanno condiviso al
tavolo delle
trattative e fino
all’ultimo giorno le
nostre prese di
posizione e le
soluzioni portate
avanti dalla nostra
federazione.
Ci sono tipologie
"classiche": quelli
che "ho firmato
ma non sono
d’accordo",
quelli che "alla
fine era il massimo
che si poteva
ottenere",
quelli che per
coerenza "firmo
l’accordo anche se
non sono d’accordo".
È il nostro mondo,
lo conosciamo ma
dobbiamo andare
avanti consapevoli
di avere la
responsabilità delle
decine di migliaia
di medici di
medicina generale
che ci considerano
persone serie,
propositive e non
arruffapopoli alla
ricerca di facili
consensi.
Ricordo che identico
allarme e medesime
argomentazioni
circolarono per
qualche mese nel mio
Piemonte dopo
l’accordo regionale
del 1996 che
introduceva per la
prima volta in
Italia la Medicina
in associazione
semplice. Proprio
così: medicina in
associazione
semplice.
Sono passati 13
anni, ma il
messaggio
fondamentale che
traspariva allora è
lo stesso che si
sente anche oggi: la
Fimmg sbaglia tutto,
fa gli interessi
della parte pubblica
e non dei medici,
date le dimissioni
dalla Fimmg ed
iscrivetevi al
nostro sindacato,
vedrete che
successo!
Inutile commentare
tutte queste
affermazioni: è
chiara la loro
assoluta
infondatezza e
strumentalità, sono
certo che non valga
la pena ribatterle
nel merito. Rimando
tutti alla lettera
inviatavi subito
dopo la firma del 23
dicembre scorso.
Nelle prime
assemblee di
iscritti in cui è
stato presentato e
ben spiegato il
testo del
pre-accordo, i
consensi al nostro
lavoro non sono
mancati.
C’è ancora bisogno
di approfondire i
temi portanti di
quella che sarà la
strada del
cambiamento.
Il 7 febbraio
terremo a Roma il
Consiglio nazionale:
in quella sede
saranno forniti a
tutti i Segretari
provinciali gli
strumenti e i
documenti per poter
analizzare spiegare
agli iscritti il
contenuto del
preaccordo.
Metteremo a
disposizione dei
nostri dirigenti
periferici anche i
testi originari
proposti dalla SISAC
in fase d’avvio
della trattativa.
E qui il nostro
massimo organo
rappresentativo avrà
l’opportunità di
giudicare e di
apprezzare, ne siamo
certi, il lavoro
svolto dalla
delegazione
trattante per
riuscire ad ottenere
un testo che, pur
aprendo al
cambiamento, metta i
medici in una
condizione di
massima tutela e
consolidamento dei
traguardi raggiunti
nelle convenzioni
precedenti, sia in
termini di
organizzazione, sia
in termini di
reddito, sia in
termini di garanzie
previdenziali.
La nostra storia,
dai tempi della
scelta tra quota
capitaria e notula,
è sempre stata
caratterizzata dalla
capacità di innovare
per garantire e
migliorare le
condizioni della
categoria.
Abbiamo sempre
dimostrato di
saperci assumere la
responsabilità di
indicare la strada
di un cambiamento
che tutelasse più
della illusoria
quiete
dell’immobilismo.
Non ripaga,
comunque, il
constatare che a
distanza di tempo
gli stessi che li
avevano accolti come
destabilizzanti oggi
rivendichino
l’intangibilità
degli istituti
allora introdotti.
Sarebbe servita e
servirebbe un
briciolo in più di
lungimiranza ed
onestà concettuale.
Fiduciosi che il
lavoro del Consiglio
nazionale raggiunga
il maggior numero
possibile di
iscritti, invitiamo
tutti a leggere con
attenzione, anche
critica, il testo
del preaccordo.
L’onda emotiva,
strumentalmente
alimentata da chi ha
come unico interesse
il nostro
indebolimento, non
ci preoccupa.
Continuiamo per la
nostra strada
impegnati a
condividere con
serenità,
trasparenza e
nessuna pretesa
egemonica con tutte
le altre
associazioni
sindacali il
percorso di
rinnovamento appena
iniziato.
A presto
Giacomo Milillo